Ciao, mi chiamo Marta. Per hobby dipingo la ceramica e decoro oggetti con la tecnica del decoupage. Nel mio blog si parla quindi di ceramica e di decoupage ma anche di libri, cinema, musica e.....di molto altro
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mercoledì 26 agosto 2009

Addio a Ted Kennedy


Ho appreso ora la notizia della morte del senatore Ted Kennedy.

Voglio scrivere qualche riga per ricordarlo, anche se la sua figura politica mi ha sempre interessato solo perché mi ricordava quella dei suoi fratelli John e Bob.

Ha avuto una carriera politica molto lunga e una vita familiare non certamente facile, fatta di tante trasgressioni e di tanti dolori.

Forse è stato un grande politico o forse è stato solo l’ultimo politico della dinastia Kennedy, non conosco a fondo la sua storia però mi ero commossa quando avevo saputo che, nonostante la sua gravissima malattia, avrebbe dato il suo appoggio all’elezione del candidato democratico alla presidenza degli Stati Uniti Barack Obama.

La politica e gli ideali, come anche la vita, hanno bisogno sempre di nuova linfa per rigenerarsi e in quel momento Edward Kennedy rappresentava l’unione tra la vecchia America che mi aveva sempre affascinato anche se non era “perfetta” e la nuova America, molto migliore, che spero di riuscire a vedere
.

giovedì 12 marzo 2009

Pace nel mondo e gelati per tutti








Stamattina ho letto quest'articolo su repubblica.it


Lo trascrivo perchè l'innocenza di queste letterine è veramente toccante, riesce a farsi strada anche tra tutte le terribili notizie che oggi sono in prima pagina.



Una Ong ha raccolto 826 lettere scritte da piccoli americani al nuovo presidente degli Stati Uniti. Il risultato è un libro


dal corrispondente di Repubblica.it MARIO CALABRESI


NEW YORK -



"Caro Presidente Obama dovresti decidere che il weekend dura tre giorni, fare gli affitti che costano meno soldi e dare alla gente animali gratis". La lista dei desideri è stata spedita alla casa Bianca da Emily Morales, 9 anni, che abita a San Francisco. La sua è una delle 40mila lettere che arrivano ogni giorno al nuovo presidente degli Stati Uniti, ma ora fa parte di un libro che raccoglie bigliettini e disegni di bambini tra i 6 e i 14 anni che partecipano ai doposcuola gratuiti fondati dallo scrittore Dave Eggers in diverse città americane, da San Francisco a Chicago, da Seattle a New York. I bambini sono stati una presenza costante della campagna elettorale di Obama, erano all'inaugurazione a Washington, ai comizi, erano con i genitori a fare il porta a porta in Pennsylvanya o in Indiana e ricordano la festa del 4 novembre: "Tutti nel mio quartiere - racconta Teresa di San Francisco - si sono messi a suonare i clascson delle macchine, a gridare e a mandare sms sul fatto che eri stato eletto presidente".




I genitori li portavano con loro, sia che fossero neonati sia che frequentassero già le scuole medie, per raccontargli un giorno che avevano partecipato a qualcosa di storico, oppure semplicemente perché non avevano trovato una baby sitter o una nonna che li tenesse.


Candidato e poi presidente non tradizionale, giovane, capace di usare internet, i video e molta musica, Obama parla e si muove in un modo che per i ragazzini è familiare, più simile a un rapper che ad un politico, e questo spiega la ragione del suo successo tra i più giovani e la moltiplicazione di libri per bambini che parlano di lui. Ma non va dimenticato il fatto, come dimostrano le lettere, che ha due figlie piccole e che ha promesso di regalare loro un cane. Nei fogli di quaderno scritti a mano dai bambini si ritrovano naturalmente i desideri e le speranze dei genitori, come dimostrano i temi di cui si parla di più: l'ambiente, la guerra, il razzismo e la disoccupazione. Ma fortunatamente vengono fuori anche i temi più legati all'infanzia: dai compiti a casa - "Fai una legge - suggerisce Mireya, 8 anni - che dice che i bambini devono fare solo una pagina di compiti alla settimana" - ai giocattoli, dagli animali ai suggerimenti su come comportarsi con il fantasma di Abramo Lincoln alla Casa Bianca.




Caro signor Obama puoi regalarmi i soldi per comprarmi un Nintendo Ds?", chiede candidamente Giuseppe Pacheco che ha 7 anni, mentre Amir Abdelhadi, di 6 anni ha dettato alla sua maestra a Chicago questo biglietto di desideri: "Se fossi il presidente avrei delle persone che mi aiutano con i compiti, riempirei la Casa Bianca di cioccolato e ragù (ma non insieme) e regalerei zucchero filato e cibo alla gente per cena". Il dodicenne Weslie Jackson per superare la crisi propone di fotocopiare le banconote da 20, 50 e 100 dollari e non è da escludere che il ministro del Tesoro Geithner non prenda ispirazione. Molte lettere sono personali e commoventi, soprattutto quelle dei figli degli immigrati: "Vorrei che mi aiutassi - scrive Alanis Gordillo di 10 anni - a far venire il resto della nostra famiglia da El Salvador, poi potresti dargli un lavoro e farli diventare cittadini americani". Jennifer Munoz aggiunge: "Aiuta gli immigrati che non commettono crimini perché non è colpa loro se sono immigrati".




Chissà se qualcuno di loro avrà ricevuto un biglietto autografo dal presidente: ogni mattina Obama trova sulla scrivania dello Studio Ovale una selezione della sua posta, circa dieci lettere delle oltre 40mila, e cerca di rispondere personalmente e di suo pugno almeno a queste. "Mi raccomando non deludere gli Stati Uniti", gli suggerisce Alex Morones, 10 anni, di Los Angeles, che però si dimostra molto più comprensivo di intellettuali, commentatori e liberal: "Ti è già venuta qualche buona idea? Ancora niente? Ok. Va bene lo stesso".










(12 marzo 2009)




martedì 20 gennaio 2009

Barack Obama: un presidente per la speranza




Chi è e cosa rappresenta questo 44° presidente USA l'ho capito bene oggi quando mi è caduto lo sguardo su un messaggio, tra i tantissimi scritti nella bacheca di Barack Obama su Facebook.


Era un messaggio di Liliana, ragazza venezuelana.


Non provo a tradurlo , lo riporto esattamente come era scritto:




DIOS LE BENDIGA SEÑOR PRESIDENTE Y LE DE MUCHA VIDA!!!! RECUERDE QUE EN SUS MANOS ESTA EL FUTURO DEL MUNDO Y LA PAZ DE LAS NACIONES, USTED ES EL CAMBIO, EL UNGIDO, LO MEJOR QUE HA PISADO LA CASA BLANCA EN TANTO TIEMPO, UN HOMBRE QUE LAMENTABLEMENTE NO SE REPITE, PERSONAS COMO USTED SON LAS QUE LE HACEN FALTA AL MUNDO CON CARISMA, QUE IRRADIE AMOR, TAL VEZ NO LEA ESTA HUMILDE CARTA PERO DESDE AQUI (CARACAS) YO ESTARE SIEMPRE APOYANDOLO ESPIRITUALMENTE, SE LE QUIERE MUCHO Y ESTAMOS ORGULLOSO DE USTED SEÑOR PRESIDENTE, AH! Y POR FAVOR LE PIDO POR MI PAIS (VENEZUELA) QUE ESTA TAN DISTANCIADO EN TODOS LOS ASPECTOS, YO SE QUE CON SU INTELIGENCIA Y AMOR NOS PUEDE UNIR A AMBOS DE NUEVO.








giovedì 20 novembre 2008

Inaugurato il ponte per Bob Kennedy

Ho sentito la notizia stamattina alla televisione e mi ha fatto un'enorme piacere che si dia un segno tangibile di riconoscenza verso un grande uomo.

Ai tempi dell'attentato il senatore Kennedy era candidato democratico alle elezioni presidenziali.

Nel giugno del 1968 ero una ragazzina di tredici anni e frequentavo la terza media. Ero rimasta molto colpita da quel delitto e ne avevo parlato nel mio diario.

Bob kennedy era molto amato dalla gente comune, che aveva fiducia in lui e riponeva tante speranze nella sua elezione a presidente degli Stati Uniti.

Ho deciso di pubblicare le pagine del mio diario perchè anch'io ero tra la gente comune che lo amava.













Inaugurato il ponte per Bob Kennedy (da LASTAMPA.it del 20/11/08)

Alla cerimonia presenti l'ex presidente Bill Clinton, il governatore David Paterson, il sindaco Michael Bloomberg e la vedova del senatore, Ethel
New York celebra Bob Kennedy. A quarant’anni dalla sua morte, la Grande Mela dedica al compianto senatore uno dei suoi ponti più famosi, il Triborough Bridge, che d’ora in poi porterà il nome del fratello minore dell'ex presidente John. Alla cerimonia d’inaugurazione hanno partecipato l'ex presidente Bill Clinton, il governatore David Paterson, il sindaco Michael Bloomberg e la vedova del senatore, Ethel. “Bob Kennedy era sempre pronto ad alzarsi per difendere la verità - ha detto Paterson – Bob fu tra i primi a dire che si poteva eleggere un presidente afroamericano, e così è successo quarant'anni dopo la sua morte". Entusiasta la figlia Kerry: “Questo non è solo un ponte di questa città, questo è un ponte tra il 1968 e il 2008”. Bob Kennedy in qualità di senatore dello Stato di New York si prodigò per abbattere le disuguaglianze tra i cittadini americani di tutte le razze e non è un caso se il ponte a lui dedicato unisce tre zone profondamente diversi della città: Harlem, il Queens e il Bronx. "New York non sarebbe la stessa senza questo ponte - ha detto Bloomberg - così come gli Stati Uniti non sarebbero gli stessi senza la figura di Robert Kennedy".

LE CERAMICHE DI MARTA su PrezziShock.it

venerdì 29 agosto 2008

Obama: "La mia promessa per cambiare l'America"

Obama:
"La mia promessa per cambiare l'America"

Mi ha molto emozionato ascoltare Obama alla Convention Democratica, voglio riportare i punti salienti del suo discorso finale, come riportati da Repubblica.it
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Questi i passaggi principali del discorso di Barack Obama con cui il senatore democratico dell'Illinois ha accettato la nomination per la corsa alla Casa Bianca, concludendo la Convention di Denver.
Cambiare l'America. Otto anni sono abbastanza: ora è arrivato il momento di cambiare l'America e per questo mi candido alla presidenza degli Stati Uniti. Accetto con profonda gratitudine e grande umiltà la nomination. Questa sera dico agli americani, ai democratici, ai repubblicani, agli indipendenti di tutto questo grande paese, ne abbiamo avuto abbastanza: questo è il momento, la nostra possibilità per mantenere viva nel 21esimo secolo la promessa americana. Siamo un paese migliore di quello degli ultimi otto anni. Siamo un paese migliore di questo.
La promessa americana. E' quella che afferma che ognuno di noi ha la libertà di fare della propria vita ciò che desidera, ma che ha anche l'obbligo di trattare gli altri con dignità e rispetto. E' la promessa che afferma che il mercato dovrebbe ricompensare la determinazione e l'innovazione per generare ricchezza, creare lavori per gli americani, preoccuparsi per i lavoratori americani e giocare secondo le regole.
McCain. McCain è tutto tranne che indipendente. Dice che la nostra economia ha fatto grossi progressi con George Bush. Dice che i fondamentali dell'economia sono solidi. E quando uno dei suoi consiglieri ha parlato delle preoccupazioni degli americani l'ha fatto chiamandoli una nazione di frignoni e ha detto che il vero problema è la recessione mentale di chi la abita e non la crisi che gli Stati Uniti stanno attraversando.
Una nazione di frignoni? Andatelo a dire ai lavoratori dello stabilimento del Michigan che, pur avendo scoperto che la fabbrica avrebbe chiuso, hanno continuato ad andare al lavoro perché sapevano di essere le persone su cui la gente contava. Andatelo a dire alle famiglie dei nostri soldati, che si sono fatti tre turni in Iraq. Non sono frignoni, sono l'America che conosco. Non credo che il senatore McCain non si preoccupi di cosa succede nelle vite degli americani. Solo, non lo sa.
Candidato atipico. Mi rendo conto che non sono il candidato più naturale: non ho il pedigree tipico, non ho passato la carriera nei saloni di Washington. Ma sono qui davanti a voi perché in tutta l'America qualcosa si sta muovendo. E' lo spirito americano, la promessa americana, che ci spinge avanti nonostante le nostre differenze.
Comandante in capo. Come comandante in capo, non esiterò mai a difendere questa nazione, ma invierò truppe con una missione chiara e un impegno sacro per dare loro l'equipaggiamento di cui hanno bisogno in battaglia e l'attenzione e i benefici che meritano al ritorno in patria. Metterò fine in modo responsabile questa guerra in Iraq, e terminerò la battaglia contro i Taliban in Afghanistan. Ricostruirò le nostre forze militari perché siano in grado di affrontare le sfide del futuro, ma rinnoverò anche la dura, diretta diplomazia che può prevenire che l'Iran ottenga armi nucleari. Quando McCain diceva che dovevamo solo tirare avanti in Afghanistan, io mi battevo per maggiori forze e risorse per completare la lotta contro i terroristi che veramente ci hanno attaccato l'11 settembre, ed oggi John McCain rimane solo nel suo testardo rifiuto di mettere fine ad una guerra sbagliata.
Osama Bin Laden. John McCain ama dire che darebbe la caccia a Bin Laden fino alle porte dell'inferno, ma non è pronto ad inseguirlo nelle caverne dove si nasconde.
Le sfide del futuro. Abbiamo bisogno di un presidente che sappia fronteggiare le minacce del futuro non rimuginare le idee del passato. Non si sconfigge il terrorismo che opera in 80 paesi occupando l'Iraq. Non si protegge Israele e contiene Teheran solo usando toni duri a Washington. Non si può veramente stare al fianco della Georgia se abbiamo creato tensioni con i nostri più vecchi alleati. Petrolio. Per il bene della nostra economia, della nostra sicurezza e del futuro della nostro pianeta come presidente indicherò un chiaro obiettivo: in dieci anni finalmente porremo un termine alla nostra dipendenza dal petrolio del Medioriente. A Washington sono 30 anni che se ne parla e McCain è là da 26.
Econonia, scuola, sanità. Se diventerò presidente, a differenza di John McCain, non ridurrò le tasse alle aziende che spediscono il lavoro all'estero, ma a quelle che creano buoni lavori qui in America. Ridurrò le tasse per il 95 per cento di tutte le famiglie che lavorano, perché in un'economia come questa l'ultima cosa da fare è alzare le tasse per la classe media. Sfrutterò le nostre risorse di gas naturale, investirò in tecnologie pulite, troverò in modo per mettere sotto controllo in modo sicuro il nucleare. Investirò 150 miliardi nei prossimi dieci anni per forme di energia rinnovabile accessibili. E' giunto il momento di assolvere l'obbligo morale di fornire ad ogni bambino un'istruzione di livello mondiale, perché non ne potrà fare a meno per competere in una economia globale. E' giunto il momento di mantenere la promessa di una sanità accessibile per ogni singolo americano. Per chi ha una copertura sanitaria, diminuirò il premio. Per chi non ce l'ha farò in modo che abbia la stessa assistenza che ricevono i membri del Congresso. E farò sì che le compagnie assicuratrici smettano di discriminare nei confronti di chi è malato e ha più bisogno di cure.
(29 agosto 2008)
da Repubblica.it