"Esperienze di uno psicologo in un campo di concentramento", vissute dall'autore Viktor Emil Franki ovvero: il Lager "visto dall'interno" da chi ne ha un'esperienza diretta.
L'autore premette che non parlerà delle sofferenze e della morte di grandi eroi e martiri, ma piuttosto delle "piccole" vittime e della "piccola" morte di una grande massa.
L'autore prepara alla lettura spiegando che chi guarda dal di fuori, chi non ha vissuto diretamente l'esperienza del campo di concentramento, spesso si raffigura la vita del Lager sotto una luce sentimentale, senza neppure sospettare la dura lotta reciproca per l'esistenza, che nei campi minori coinvolgeva tutti i prigionieri comuni.
In questa lotta per il pane quotidiano, per mantenere o per salvare la vita, tutti i mezzi erano leciti, anche, purtroppo, i più radicali. Si lottava senza pietà per i propri interessi.
Egli scrive. "Tutti noi, sopravvissuti per cento, mille casi fortuiti, o miracoli divini- non importa come li si chiami- lo sappiamo bene e possiamo dirlo tranquillamente: i migliori non sono ritornati"
Intende descrivere ciò che ha provato nel Lager in veste di psicologo, ma lui nel campo non era in veste di psicologo, era semplicemente un internato comune, un numero come tanti: 119.104
Distingue tre fasi nelle reazioni spirituali dei prigionieri: la fase dell'accettazione nel campo di concentramento, la fase della vita vera e propria nel Lager, la fase successiva alla liberazione dal campo.
La prima fase inizia con il viaggio: 1500 persone viaggiano da alcuni giorni, nei vagoni 80 persone giacciono sui loro bagagli, sono convinti di essere destinati ad una fabbrica di armi e munizioni, nella quale sarebbero stati costretti a lavorare. Quando il treno rallenta ed inizia a fare manovra dalla piccola folla si alza un grido: "Qui c'è un cartello: Auschwitz!"
"Ognuno di noi sente il cuore fermarsi. Auschwitz era un concetto, l'incarnazione di idee confuse- e per questo ancora più terribili- di camere a gas, crematori e assassinii di massa. Il treno si muove lentamente, quasi esitando, come se volesse porre gradualmente, con delicatezza, la merce umana che trasporta di fronte alla verità: Aushwitz.
Ora si vede meglio: nella luce dell'alba affiorano per chilometri e chilometri, a destra e a sinistra delle rotaie, i contorni di un campo mostruosamente grande. Doppi e tripli recinti di filo spinato si estendono senza fine; torri di controllo, riflettori .........."
Ho riportato alcuni brani del libro perchè penso che solo le parole dell'autore possono rendere, con la loro cruda semplicità, l'idea dello "choc dell'accettazione"
Questo libro l'ho avuto in regalo da mia sorella, lei l'aveva appena letto, avrebbe potuto lasciarmi il suo invece ha preferito tenerselo e comprarne un'altra copia per me. E' evidente che dava al libro un'importanza particolare,
Dopo averlo letto ho compreso che aveva ragione: anch'io lo considero un libro da tenere per poterlo rileggere.
L'autore premette che non parlerà delle sofferenze e della morte di grandi eroi e martiri, ma piuttosto delle "piccole" vittime e della "piccola" morte di una grande massa.
L'autore prepara alla lettura spiegando che chi guarda dal di fuori, chi non ha vissuto diretamente l'esperienza del campo di concentramento, spesso si raffigura la vita del Lager sotto una luce sentimentale, senza neppure sospettare la dura lotta reciproca per l'esistenza, che nei campi minori coinvolgeva tutti i prigionieri comuni.
In questa lotta per il pane quotidiano, per mantenere o per salvare la vita, tutti i mezzi erano leciti, anche, purtroppo, i più radicali. Si lottava senza pietà per i propri interessi.
Egli scrive. "Tutti noi, sopravvissuti per cento, mille casi fortuiti, o miracoli divini- non importa come li si chiami- lo sappiamo bene e possiamo dirlo tranquillamente: i migliori non sono ritornati"
Intende descrivere ciò che ha provato nel Lager in veste di psicologo, ma lui nel campo non era in veste di psicologo, era semplicemente un internato comune, un numero come tanti: 119.104
Distingue tre fasi nelle reazioni spirituali dei prigionieri: la fase dell'accettazione nel campo di concentramento, la fase della vita vera e propria nel Lager, la fase successiva alla liberazione dal campo.
La prima fase inizia con il viaggio: 1500 persone viaggiano da alcuni giorni, nei vagoni 80 persone giacciono sui loro bagagli, sono convinti di essere destinati ad una fabbrica di armi e munizioni, nella quale sarebbero stati costretti a lavorare. Quando il treno rallenta ed inizia a fare manovra dalla piccola folla si alza un grido: "Qui c'è un cartello: Auschwitz!"
"Ognuno di noi sente il cuore fermarsi. Auschwitz era un concetto, l'incarnazione di idee confuse- e per questo ancora più terribili- di camere a gas, crematori e assassinii di massa. Il treno si muove lentamente, quasi esitando, come se volesse porre gradualmente, con delicatezza, la merce umana che trasporta di fronte alla verità: Aushwitz.
Ora si vede meglio: nella luce dell'alba affiorano per chilometri e chilometri, a destra e a sinistra delle rotaie, i contorni di un campo mostruosamente grande. Doppi e tripli recinti di filo spinato si estendono senza fine; torri di controllo, riflettori .........."
Ho riportato alcuni brani del libro perchè penso che solo le parole dell'autore possono rendere, con la loro cruda semplicità, l'idea dello "choc dell'accettazione"
Questo libro l'ho avuto in regalo da mia sorella, lei l'aveva appena letto, avrebbe potuto lasciarmi il suo invece ha preferito tenerselo e comprarne un'altra copia per me. E' evidente che dava al libro un'importanza particolare,
Dopo averlo letto ho compreso che aveva ragione: anch'io lo considero un libro da tenere per poterlo rileggere.
Ho letto molti libri sull'Olocausto, questo però è molto diverso dagli altri, Forse dipende dal fatto che le situazioni, seppure terribili, sono viste attraverso gli occhi di uno studioso che non si limita a rappresentarle ma ce le fa entrare nell'anima, ci rende psicologicamente partecipi.
E'una lettura dolorosa ma necessaria per capire, per rendersi conto di ciò che hanno realmente sofferto le vittime e i superstiti dell'Olocausto, PER NON DIMENTICARE
L'autore:
Viktor E. Franki, psicologo, psichiatra, filosofo e sopravvissuto dei campi di concentramento. L'ex prigioniero n. 119104, è stato il padre della logoterapia, conosciuta anche come analisi esistenziale, è un approccio psicoterapeutico che si pone, come obiettivo primario, la riscoperta del significato (logos) dell'esistenza dell'essere umano.
Una sua citazione "L'uomo è capace di cambiare il mondo in meglio, se possibile, e cambiare in meglio se stesso, se necessario"
27 gennaio 2012 giornata della Memoria della Shoah
un saluto da Marta
Le ceramiche, il decoupage ed il collezionismo di Marta puoi trovarli QUI
Nessun commento:
Posta un commento